SINDROME DEL TUNNEL CARPALE

Di che cosa si tratta?

Viene definita come una neuropatia da intrappolamento. Il termine neuropatia deriva dal greco “νεῦρον”, “nervo”, e “πάϑος”, “sofferenza” ed indica una patologia a carico del nervo. Nella sindrome del tunnel carpale, il nervo interessato è il nervo mediano che viene “intrappolato”/compresso durante il suo passaggio all’interno del tunnel carpale.

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Cenni anatomici

Il nervo mediano fa parte del plesso brachiale, ossia l’insieme dei fasci nervosi che portano le informazioni sensitive e motorie all’arto superiore. Nell’immagine si può vedere il decorso del nervo mediano: origina a livello cervicale (dalle radici di C5 fino a T1), passa inferiormente alla clavicola, percorre l’arto superiore lungo la sua porzione interna e arriva fino al palmo della mano, dove innerva le prime tre dita e parte del quarto. Lungo il suo percorso si possono individuare quattro aree potenziali di compressione. In particolare, queste aree sono:

  • La sua origine, a livello delle vertebre cervicali.
  • Il suo passaggio sotto la clavicola, dove transita in mezzo a due muscoli del collo, chiamati scaleno anteriore e scaleno medio.
  • A livello del gomito.
  • A livello del polso, dove passa all’interno di un canale osteofibroso definito tunnel carpale.

Il tunnel carpale, pertanto, è quel canale situato a livello del polso e delimitato superiormente da un legamento (il legamento carpale trasverso) ed inferiormente dalle ossa carpali. All’interno di questo canale decorrono, per l’appunto, il nervo mediano e i tendini dei muscoli flessori delle dita.

Le cause

La sindrome del tunnel carpale si verifica quando vi è un aumento della pressione all’interno del tunnel carpale. In uno studio del 2009, infatti, si è rilevato che la pressione presente all’interno del tunnel carpale prima dell’intervento è di circa 6 volte superiore a quella dopo l’intervento. Questo aumento di pressione si ipotizza esser dovuto a:

  • Un ispessimento delle strutture adiacenti al nervo, come i tendini dei flessori o il tessuto connettivo sub-sinoviale. Queste possono ispessirsi in seguito, ad esempio, a dei processi infiammatori, come succede nelle tenosinoviti.
  • Una riduzione dell’apporto di sangue al nervo, con conseguente edema sia intorno che internamente ad esso. Nel tempo, ciò porta all’instaurarsi di un processo fibrotico.

Queste due condizioni possono essere presenti isolatamente o verificarsi una in conseguenza all’altra. Tuttavia, come vedremo meglio in seguito, non basta guardare solo alle componenti locali, ma, affinché il trattamento sia efficace, bisogna guardare alla globalità della persona e ricercare le cause reali che hanno generato questa condizione di stress del nervo. Infatti, la mano è collegata al polso, che è collegato al gomito, che è connesso alla spalla, che è collegata al collo, che a sua volta è interconnesso a tutto l’organismo e i suoi sistemi. Il compito del professionista è quello di individuare la componente primaria che alimenta la condizione sintomatica.

I sintomi

Solitamente si avverte dolore o formicolio o intorpidimento localizzati al polso, sulla faccia palmare delle prime tre dita e parte del IV, e sulla faccia dorsale delle falangi distali delle stesse dita. A ciò si aggiunge una ridotta funzionalità dell’arto, caratterizzata anche da una possibile goffaggine nell’uso della mano. Nei casi più severi si apprezza un’espressione ridotta della componente muscolare vicino al pollice, detta atrofia dell’eminenza tenar. Alcuni pazienti potrebbero presentarsi anche con un atteggiamento del rachide cervicale (collo) in flessione laterale, ciò per compensare la compressione del nervo.

L’insorgenza dei sintomi è solitamente notturna.

La valutazione fisiochinesiterapica

Per rilevare la sindrome del tunnel carpale si utilizzano solitamente il test di Phalen ed il segno di Tinel, due valutazioni specifiche riportate in figura. Oltre ciò, a livello locale è importante indagare anche l’aspetto motorio, sia in termini di forza che di motilità fine, e quello sensoriale.

Tutto ciò deve però essere sempre inserito all’interno di una valutazione più ampia, che indaghi:

  • La storia e le abitudini del paziente.
  • L’assetto posturale.
  • I distretti distali, ossia quelli lontani e non apparentemente collegati con la mano e/o il polso.
  • Il corretto funzionamento del sistema organico, neurologico e neurovegetativo, circolatorio e muscolo-scheletrico in toto.

Il compito del professionista durante il processo valutativo, pertanto, non è solo quello di individuare la sindrome del tunnel carpale, ma trovare la sua fonte primaria, che sarà l’oggetto del trattamento. Senza una corretta analisi, il trattamento sarà sempre inefficace.

Classificazione

In base all’andamento dei sintomi, la sindrome del tunnel carpale viene classifica in:

  • Lieve: quando i sintomi sono intermittenti, cioè non perdurano per tutte le 24 ore di una giornata.
  • Moderata: quando i sintomi sono costanti, ossia presenti durante tutta la giornata, senza interruzioni.
  • Severa: quando è presente l’atrofia dell’eminenza tenar (vedi sopra).

Inoltre, si distingue una sindrome del tunnel carpale:

  • Acuta: quando compare immediatamente in seguito ad un trauma.
  • Cronica: quando ha un’insorgenza graduale e perdura da molto tempo (oltre i tre mesi).

Come intervenire

Per la sindrome del tunnel carpale è possibile sia un approccio di tipo chirurgico che conservativo, ossia senza la necessità di intervento. L’approccio conservativo comprende l’utilizzo di tutori, terapie fisiche (quali laser, tens ecc…) e fisioterapia. Le attuali evidenze scientifiche rivelano che i risultati dei due approcci sono sovrapponibili solo nel momento in cui l’approccio conservativo preveda una fisioterapia “multimodale”, che non guardi solo al distretto di mano e polso, ma che comprenda:

  • Esercizi specifici per le mani e gli arti superiori: qualora siano corretti, questi possono aiutare a ridurre immediatamente la pressione all’interno del tunnel carpale.
  • Trattamenti ed esercizi mirati al rachide cervicale ed alle potenziali aree di intrappolamento indagate in sede valutativa.
  • Scarico dei tessuti molli, miglioramento della componente circolatoria ed organica.
  • Tecniche di neurodinamica che valorizzino più lo scorrimento rispetto al tensionamento.
  • Educazione del paziente e consigli ergonomici per una più efficace gestione del problema.

L’utilizzo delle terapie fisiche si è rivelato scarsamente efficace, eccezione fatta per l’applicazione di calore superficiale, la diatermia o le correnti interferenziali. L’applicazione di un tutore notturno o durante lo svolgimento delle attività più sollecitanti può alleviare parzialmente i sintomi e coadiuvare il percorso riabilitativo, tuttavia il mantenimento costante del tutore si rivela controproducente.

Come per qualsiasi altra condizione, il trattamento risulta efficace solo qualora sia costruito e mirato alle caratteristiche del soggetto. Copiare o fare degli esercizi senza i consigli del professionista di riferimento, difficilmente porterà a dei risultati concreti.

Hai anche tu qualcuno dei disturbi sopra-elencati? Rivolgiti al nostro centro e fissa una valutazione con i nostri professionisti. Cercheremo di dare risposta a tutte le tue domande.